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Il contropiede di Bologna sul fisco

di Marco Alfieri

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8 ottobre 2009


Prima il ricorso contro il click day del governo per i crediti d'imposta sulle spese di ricerca, «perché non è giusto che chi dispone della banda larga sia facilitato a dispetto di imprese meno attrezzate dal punto di vista informatico magari più bisognose». Una fronda che ha fatto da battistrada a un'altra ventina di associazioni territoriali, a partire da Parma, Bergamo e Padova.

Poi le proposte sulla fiscalità locale, in una congiuntura in cui la stretta sul patto di stabilità e il taglio ai trasferimenti da Roma in periferia sta facendo impennare le tasse locali: un osservatorio permanente sulla fiscalità; una «moratoria sulle imposte» per quelle imprese con due bilanci successivi in rosso o che vogliono e possono ristrutturarsi (il pagamento verrebbe solo rinviato rateizzando il versamento al momento del ritorno all'utile); l'istituzione di un tassa unica sul mattone al posto dei tanti prelievi (diretti o indiretti) sugli immobili, embrione di un'autentica autonomia municipale in chiave federalista (il gettito totale 2007 è stato di ben 42,8 miliardi di euro); la trasformazione della tassa rifiuti in una tariffa parametrata all'effettiva produzione di materiali da smaltire, secondo il principio comunitario del "chi inquina paga"; e infine la costituzione di una società mista pubblico-privata per la gestione delle entrate locali (versamenti e contenziosi) nel territorio metropolitano. Dall'Ici alla tassa rifiuti (e relative addizionali ex erariali e provinciali), dall'imposta sulla pubblicità alla compartecipazione all'evasione dei tributi erariali fino agli oneri di urbanizzazione.

Una scala provinciale necessaria per raggiungere una dimensione societaria che massimizzi l'efficienza (secondo stime, la newco potrebbe incassare una cifra tra i 500 milioni e il miliardo di euro di entrate, quando il federalismo fiscale sarà a regime). Restituendo così alla collettività una quota dei risparmi, attraverso uno sconto fiscale. «Tutte proposte - spiega il presidente di Unindustria Bologna, Maurizio Marchesini - che potrebbero essere accompagnate da un premio per gli imprenditori che, pur in difficoltà, non delocalizzano e mantengono l'occupazione, a vantaggio del territorio locale».

Tasse e ancora tasse, insomma. Perché è nel giusto dosaggio di questo fattore che ci si gioca il futuro, in termini di investimenti e competitività. Nelle stanze felpate dell'associazione industriali felsinea da qualche tempo ne sono certi e non fanno nulla per nasconderlo. Quel che serve, «è un fisco diverso che non renda le scelte aziendali ostaggio di variabili imprevedibili».
Specie nel guado della peggior crisi economica degli ultimi cinquant'anni, affrontata con un fardello di corporate tax per molti versi fuori controllo: il 73% delle imprese bolognesi, infatti, sopporta una pressione fiscale superiore al 50% e per il 42% si va oltre quota 70. Mentre l'incidenza dell'Ires, per metà delle aziende, ha un peso reale che va dal 33 al 40% e solo per il 19% resta sotto l'aliquota nominale. Quanto all'Irap, per il 50% delle imprese l'imposta regionale si "mangia" il 25% dell'utile.

Eppure in Emilia il fisco non è mai stato realmente un'emergenza. In passato erano altre le urgenze: formazione, servizi alle imprese e alla comunità, welfare indiretto. Da qualche anno, però, il quadro si sta decisamente "lombardovenetizzando" anche a queste latitudini. «Leghizzando», dice chi la vuol buttare in politica.
Per alcuni la svolta va cercata nella fusione tra Api e Confindustria Bologna in Unindustria (maggio 2007), che ha finito giocoforza per trasferire la fronda e la sensibilità fiscale dei piccoli dentro alla più istituzionale galassia confindustriale.

In realtà la faccenda è complessa. Per capirlo basta ascoltare un'altra associazione di "piccoli", la Confartigianato guidata in provincia da Gianluca Muratori (5.500 associati e 34 sedi nei 60 comuni del Bolognese): «Il tema fiscale - dice Muratori - è diventato anche sulla via Emilia dirimente. Troppa burocrazia, troppe tasse. In questo modo diventa difficile restare nelle regole, soprattutto per le pmi che non hanno la possibilità di reclutare stuoli di consulenti illustri...». Sono i numeri da Spoon River a dirlo: dal gennaio 2009, 240 microimprese artigiane, tra indotto e subfornitura, ogni mese chiudono o chiedono aiuto per non farlo. «Per questo - conclude Muratori - plaudiamo alle proposte di Unindustria: osservatorio, moratoria, agenzia unica metropolitana sui tributi locali».

Sulla stessa linea la galassia cooperativa, che a Bologna ha un peso decisivo, dando il segno di un'unanimità nel disagio fiscale che oggi unisce il blocco dei produttori, oltre le diverse etichette e la tradizionale rivalità associativa. «Quella lanciata da Unindustria è una riflessione importante», spiega Giampiero Calzolari, presidente di Legacoop Bologna. «Il tema della fiscalità sarà sempre più dirimente nel post crisi. Ne va della competitività del sistema industriale. Insieme ad altre due variabili collegate: la riforma della finanza locale, perché oggi il patto di stabilità blocca una città come Bologna che ha risorse disponibili, ma non spendibili, per oltre 120 milioni di euro. E poi la semplificazione amministrativa - prosegue Calzolari -: la burocrazia è diventata un carico di costo esorbitante per le imprese». Secondo Unindustria, è in atto un «lento declino della città». Lo ha sostenuto più volte l'ex presidente Gaetano Maccaferri, e lo ripete adesso il successore Marchesini. Occorre un colpo di reni, una nuova stagione di crescita delle imprese, piombate da un fisco eccessivamente rapace. «Ri-progettando la centralità di Bologna», come nodo di connessione nord-sud, logistico e infrastrutturale. E come capitale della «creatività in campo imprenditoriale»: ci sono i laboratori di fisica, il Mambo, la cineteca, il Dams e il sogno del Tecnopolo nella ex Manifattura Tabacchi). Senza contare l'accelerazione dei progetti avviati dalla vecchia giunta Cofferati: il passante autostradale; il casello alla fiera, la metropolitana, la stazione dell'Alta velocità e il cosiddetto People movers.
  CONTINUA ...»

8 ottobre 2009
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